La respirazione nasale rallenta la frequenza degli atti respiratori. Dal momento che i polmoni estraggono ossigeno dall’aria inspirata soprattutto durante l’espirazione, aumentando la frequenza respiratoria si riduce l’ossigeno assorbito.
Se espiriamo attraverso la bocca il passaggio d’aria è facilitato, per cui l’aria nei polmoni non rimane molto e si riduce drasticamente l’ossigeno incamerato.
Si calcola che l’ossigenazione del sangue peggiori del 15-20% con la respirazione orale.
Nei comunissimi stati d’ansia, il respiro si modifica diventando più frequente, più breve e più superficiale (iperventilazione). Il perdurare di questo stato d’ansia oltre la durata fisiologica di qualche minuto, innesca variazioni a catena tra cui: ipocapnia, alcalosi, riduzione dell’ossigenazione cerebrale, incremento della frequenza respiratoria con aumento della sensazione di disagio.
Negli stati cronici di ansia la sensazione di disagio può aumentare fino a diventare di soffocamento a causa della sospensione temporale del gesto respiratorio, conclamandosi in un vero e proprio attacco di panico.
Nel passaggio attraverso il naso l’aria viene filtrata, riscaldata e umidificata. Nella respirazione orale ciò non accade. Si riduce la circolazione di aria nelle vie nasali per cui ristagno, secchezza e raffreddamento favoriscono gran parte delle patologie ricorrenti dei tratti respiratori.
Se espiriamo attraverso il naso il flusso d’aria è rallentato grazie alla maggiore resistenza nasale (tra il 50 e il 200% maggiore rispetto alla resistenza orale). L’aria viene trattenuta più a lungo nei polmoni, aumenta la quantità di ossigeno rilasciata dai globuli rossi. Tutto ciò stimola l’elasticità dei polmoni, rinforza la muscolatura toracica, favorisce la pervietà degli alveoli evitando che si formino aree di scarsa ossigenazione (atelectasie). Lo sforzo che compie la gabbia toracica nella respirazione nasale crea una pressione negativa intratoracica che riduce l’affaticamento cardiaco.
I tratti delle vie aeree che determinano la resistenza nasale sono presenti in tutta la lunghezza del percorso nasale, circa 12-14 centimetri. Ma la porzione più importante per quantità e qualità è posta nei primi 2-3 centimetri del percorso, ossia quel tratto che va dalle narici esterne alla testa dei turbinati.
Questo aspetto ha un ruolo determinante in tutte le chirurgia che interessano il naso.
Il maggiore apporto di ossigeno a tutti gli organi e ai muscoli si tradurrà in una maggiore resistenza fisica durante gli sforzi e in maggiore efficienza e benessere.
Dal momento che la resistenza nasale è decisamente maggiore di quella presentata dal percorso orale, può diventare più comodo e spontaneo respirare per via orale. Nella respirazione orale la ridotta ossigenazione dei tessuti provoca uno stimolo dei centri automatici respiratori che intensificano il ritmo degli atti respiratori.
Si innesca la ipertrofia compensatoria delle mucose respiratorie, intensificando la produzione di muco nella speranza di captare più ossigeno, si incrementa la vasocostrizione dei vasi periferici per risparmiare ossigeno (favorendo infarti e ictus). L’aumento della produzione di muco a sua volta riduce ulteriormente la pervietà delle vie nasali anteriori. Il ristagno di muco crea infiammazione ed infezioni, quindi edema che ostruisce definitivamente gli accessi ai seni paranasali con formazioni di sinusiti, polipi, etmoiditi, etc.
Lo stesso processo si può avere per le vie nasali posteriori, con infiammazioni delle adenoidi, ipertrofia tonsillare e conseguente posizionamento in basso ed in avanti della lingua.
Le infiammazioni ed infezioni del rinofaringe, mediante la tuba di Eustachio, si trasmettono all’orecchio medio provocando otiti, ipoacusia, acufeni, labirintiti ed altre patologie dell’apparato auditivo.
Il premio Nobel 2019 in Fisiologia e Medicina è stato assegnato a W. Kaelin, P. Ratcliffe e G. Semenza. Questi scienziati hanno scoperto come, nelle condizioni di relativa ipossia (scarsa disponibilità di ossigeno), le cellule usano le loro riserve energetiche per compensare questa condizione e sono bersaglio più facile del cancro.
Le conseguenze negative della ridotta ossigenazione si hanno più facilmente negli organi con parenchima (rene, polmone, fegato, prostata, etc.) a cominciare dalla compromissione delle funzioni specifiche. Nella respirazione orale si crea uno stato di relativa ipossia.
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Molto interessante questo articolo sulla differenza tra respirazione nasale e orale.
Io mi trovo nella respirazione nasale quasi completamente.
Respirare attraverso la bocca mi ha sempre dato un impressione di seguente mancanza di salute poiché, anche se nella mia ignoranza medica, mi ha sempre dato l’idea di immagazzinare più pulviscolo ambientale.
Se la natura ci ha dotati del naso con, non a caso i suoi peli interni, questi ultimi hanno necessariamente il loro perché di esistere e servono proprio a filtrare, anche se solo in piccola parte, le impurità più grossolane che si trovano nell’aria circostante che di certo è meglio evitare.
È risaputo, la natura non si sbaglia mai.